Note Storiche: Stazione Osservativa di Basovizza

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Dagli anni ’30 agli anni ’60 del secolo scorso molti osservatori italiani si posero il problema di allontanarsi dalle concentrazioni di luci urbane, pianificando l’erezione di stazioni osservative lontane dalle città. In tal senso i tentativi di Giuseppe Favaro, direttore dal 1933 al 1947, non ebbero esito. Solo con la legge 24 luglio 1962, n.1073, che destinava per un triennio cospicui fondi per l’edilizia scolastica e universitaria, si resero disponibili adeguate risorse, con le quali la nuova direttrice, Margherita Hack, acquistò nel 1965 3 ettari di terreno a Basovizza dalla regione Friuli-Venezia Giulia e nel 1966 vi fece erigere i primi edifici.

Per primi furono eretti due padiglioni per il telescopio Cassegrain da 30 cm e per il riflettore newtoniano Zeiss da 50 cm, fornito della nuova montatura costruita da Sarti a Bologna; fu poi la volta dell’interferometro solare di 73 m di base e quindi la costruzione di un corpo unico ospitante officina, laboratori, abitazione del custode, studi e 4 stanze di foresteria (oggi adibite a depositi). All’inizio del 1969 entrava in funzione il nuovo paraboloide da 10 m di diametro progettato da Alberto Abrami e finanziato dall’U.S.Air Force, mentre nel 1971 entrava in funzione il telescopio Cassegrain da 1 m di diametro, progettato da Bruno Cester e installato in una grande cupola appositamente costruita nella parte Sud del comprensorio. Per il telescopio da 1 metro, nel corso degli anni '70 fu costruito un fotometro rapido a doppio fascio controllato dal computer e un sistema di registrazione ed elaborazione digitale dei dati del radiotelescopio.

Parallelamente, vennero approntati strumenti per la ricezione di onde radio dai corpi celesti, principalmente dal Sole. Il primo radiotelescopio (con antenna a diedro) è del 1967, mentre due anni dopo venne montato un paraboloide da 10 m di diametro, seguito nel 1970 da un interferometro a base semplice di 73 m di lunghezza, operante alla lunghezza d'onda di 408 MHz. Un'attrezzata officina e dei laboratori di ottica ed elettronica rendevano possibili la manutenzione e il miglioramento di tutti questi strumenti .

L’ultimo quindicennio del XX secolo vide aggravarsi le condizioni del cielo a causa dell’inquinamento luminoso, tanto da rendere impossibile l’attività di ricerca osservativa nel campo dell’ottico. Fu così che, la cupola principale fu riconvertita all’attività divulgativa, installandovi il riflettore Zeiss e la mostra storica dell’Osservatorio. Sotto il nuovo nome di Urania Carsica, la cupola ospitò più di 20.000 visitatori e diverse riprese televisive nell’arco di tempo dal 1998 al 2009, allorquando dovette chiudere in seguito a gravi guasti strutturali. Mentre l’osservazione radioastronomica si riconvertiva allo studio della meteorologia spaziale, una vivace attività divulgativa e didattica continuò a Basovizza con l’allestimento, dal 2005 in poi, di un telescopio a controllo remoto nel padiglione più piccolo (SVAS) e di un’aula didattica informatizzata (Esploracosmo).

Negli stessi anni, una nuova palazzina veniva ad aggiungersi agli edifici esistenti. In essa trova attualmente sede, oltre agli studi e archivi per l’attività divulgativa  e la radioastronomia, anche l’attività di studio e progettazione di nuove tecnologie astronomiche.

Dal 2013 è stata intrapresa l’opera di ristrutturazione e ammodernamento della cupola maggiore, con il ricovero in magazzino del telescopio newtoniano Zeiss al posto del quale è stato installato un moderno riflettore Ritchey-Chrétien da 60 cm di diametro comandato da computer, accessoriato da due rifrattori più piccoli, specialmente progettato e realizzato per alte prestazioni e massimo comfort nell’osservazione visuale. La cupola veniva al contempo parzialmente ristrutturata e tecnicamente ammodernata, mentre al piano terreno vi è stata sistemata la mostra storica in un nuovo allestimento. Le opere sono state finanziate da INAF assieme a un sostanziale contributo derivante da una pubblica sottoscrizione e dalla donazione di fondi per l’acquisto del telescopio da parte di un privato cittadino. La cupola ha aggiunto al nome precedente (Urania Carsica) la dedica alla figura della professoressa Margherita Hack, scomparsa nell’estate del 2013.

In tal modo l’intensa attività divulgativa con la presenza del pubblico è ripartita nel 2015 e continua tutt’ora, affiancata dal proseguimento delle osservazioni a collegamento remoto dal padiglione di SVAS (entrate a far parte della rete di telescopi didattici dell’INAF).
Il radiotelescopio da 10 m è stato invece nel frattempo danneggiato gravemente da un evento atmosferico ed è stato dismesso; anche in considerazione di ciò, parte della palazzina più vetusta.