Gli ammassi di galassie confermano: è fredda

Gli ammassi di galassie, enormi strutture cosmiche tenute insieme dalla gravità, sono eccellenti laboratori naturali, particolarmente adatti alla determinazione delle proprietà della materia oscura. Fu proprio grazie alle analisi della dinamica di un ammasso di galassie che si ottenne la prima evidenza della materia oscura, più di 90 anni fa (Zwicky 1933).  Ad oggi, la prova più convincente dell'esistenza della materia oscura si deve allo studio di un altro ammasso, il “Bullet Cluster” (Clowe et al. 2006). Grazie ad osservazioni con strumenti sempre migliori, lo studio della dinamica degli ammassi oggi permette di porre dei vincoli non solo sull'esistenza, ma anche sulla natura della materia oscura.
 
In particolare, una collaborazione internazionale diretta da Piero Rosati dell'Università di Ferrara, alla quale partecipano anche due ricercatori dell'OATs e dell'Università di Trieste, ha recentemente raccolto dati spettroscopici di altissima qualità per alcuni ammassi di galassie con lo strumento MUSE del Very Large Telescope dell'ESO. Questi dati hanno permesso di determinare con grande precisione la cinematica delle galassie all'interno di questi ammassi nonché la cinematica stellare all'interno delle galassie dominanti al centro di essi (BCG, Brightest Cluster Galaxies).
 
Combinando la cinematica stellare delle BCG con quella delle altre galassie di due ammassi, è stato possibile determinare il profilo di distribuzione radiale di massa della materia oscura e confrontarlo con quello predetto dai modelli cosmologici di materia oscura fredda (CDM), il cosiddetto profilo di NFW, dalle iniziali dei suoi autori (Navarro, Frenk & White 1996, 1997). Studi precedenti erano giunti alla conclusione che il profilo di massa della materia oscura negli ammassi di galassie non fosse in accordo con il modello teorico di CDM (Sand et al. 2004, Newman et al. 2013). Le nuove analisi, pubblicate in due articoli su prestigiose riviste scientifiche (Sartoris et al. 2020, Biviano et al. 2023), portano invece alla conclusione opposta: c'è un ottimo accordo fra i profili osservati e quelli teorici di CDM. La differenza tra i nuovi risultati e quelli precedenti si deve in parte all'utilizzo dei nuovi dati cinematici di molte centinaia di galassie d'ammasso, e in parte alla straordinaria qualità dei dati ottenuti dallo spettrografo MUSE dell'ESO.
 
 
 
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