Ammassi di galassie e lenti gravitazionali: una nuova sfida per i modelli cosmologici?

Quello che oggi viene considerato il modello standard in cosmologia prevede che l’Universo sia costituito per circa il 70% da una forma elusiva di Energia Oscura, per il 25% da una forma ancora sconosciuta di Materia Oscura e solo per il 5% dagli atomi che costituiscono la materia che ci circonda nella vita quotidiana. Nonostante la natura di tali componenti “oscure” sia sconosciuta, tale modello ci permette di fare predizioni estremamente precise sulle proprietà fisiche delle strutture cosmiche che osserviamo. Gli strumenti più sofisticati per fare tali predizioni sono simulazioni numeriche che vengono prodotte utilizzando strutture di calcolo ad alte prestazioni.

In tale contesto, gli ammassi di galassie sono le strutture cosmiche più massicce presenti nell'Universo: con una massa di circa milione di miliardi di masse del sole e dimensioni di svariati milioni di anni luce, gli ammassi di galassie agiscono anche come potenti lenti gravitazionali, che deformano l’immagine delle galassie più lontane, proprio come una lente ottica deforma le immagini degli oggetti posti dietro di essa.

In questo lavoro in corso di pubblicazione sulla rivista Science, un team di astronomi italiani, con la partecipazione di colleghi americani ed olandesi, coordinati da Massimo Meneghetti (INAF-OAS), ha condotto uno studio dettagliato delle proprietà di lente gravitazionale di ammassi di galassie osservati con Telescopio Spaziale Hubble (NASA) e con il Very Large Telescope dello European Southern Observatory (ESO), situato in Cile. Il confronto tra tali osservazioni e le simulazioni numeriche condotte in collaborazione da Stefano Borgani (Dipartimento di Fisica, UNITS) ed Elena Rasia (INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste) ha prodotto un risultato decisamente inatteso: il modello cosmologico standard predice che gli ammassi di galassie abbiano una struttura con una granularità decisamente inferiore a quanto mostrato dalle osservazioni. Tale risultato potrebbe significare che alle nostre simulazioni di strutture cosmiche manchi ancora qualche ingrediente essenziale. L’altra possibile implicazione però, decisamente più attraente, è che sia la nostra comprensione del comportamento della materia oscura e dell’energia oscura ad essere incompleto, se non errato.

Stefano Borgani: È veramente impressionante quanto dettagliate siano le informazioni ottenibili dai telescopi più avanzati a nostra disposizione. Tale qualità deve assolutamente esser raggiunta anche dalla nostra capacità di far previsioni con simulazioni numeriche. Solo in tal modo potremo esser sicuri che le osservazioni ci stanno indicando la necessità di rivedere a fondo alcuni elementi essenziali della nostra comprensione dell’Universo.

Elena Rasia: "Questo lavoro costituisce un salto nella conoscenza della formazione delle strutture nell'Universo e presenta una sfida ai modelli cosmologici. Uno dei grandi problemi che recentemente affliggeva la cosmologia numerica era la mancata riproduzione del numero delle galassie satelliti attorno alla nostra Galassia,poiché risultavano più numerose nelle simulazioni rispetto le osservazioni. Risolta quella complicazione con l'aggiunta di una sofisticata descrizione della fisica barionica, stiamo ora scoprendo un inconsistenza opposta nelle regioni centrali degli ammassi. L'enigma che ora dobbiamo affrontare e' come riconciliare due andamenti contrastanti attorno alla nostra galassia e al centro degli ammassi di galassie".

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Color-composite image of the central region of the galaxy cluster MACSJ1206. (A to D) The image combines HST observations in the filters F105W, F110W, F125W, F140W, F160W (red channel), F606W,
F625W, F775W, F814W, F850LP (green channel), and F435W and F475W (blue channel). The dashed and solid lines in (A) show the critical lines of the lenses at source redshifts of 1 and 7, respectively. Panels (B), (C), and (D) zoom into three galaxy-galaxy-strong-lensing events enclosing sources at redshifts 1.425, 4.996, and 3.753, respectively. The white lines in those panels show the critical lines of the lenses at the corresponding source redshifts. In (A) and (B), the sources of the background lenses are bluer than those of the foreground lenses.
In (C), the lensed source is not visible in the HST image but is detected in an observation with the Multi-Unit Spectroscopic Explorer (MUSE) spectrograph on the VLT. The source is detected at a wavelength of âˆ¼7289 Ã…, corresponding to the redshifted Lyman-a spectral line of hydrogen, at locations indicated by the cyan contours. The white crosses indicate the positions of four multiple images of the source.